Che fine fanno le donne con disabilità vittime di violenza?

Prendendo spunto dal fatto due recenti rapporti di ricerca in materia di violenza di genere non contengono dati disaggregati sulle donne disabili, Marta Migliosi, un’attivista disabile, ha sviluppato un’interessante e articolata analisi, nella quale, tra le altre cose, prova ad immaginare «uno spazio interlocutorio e di scambio nel quale noi donne disabili veniamo percepite nella nostra unità/unicità, senza dover rinunciare o omettere parti delle nostre identità».

Lo scorso 19 aprile è stato pubblicato il report dell’Istat  su “Le Case rifugio e le strutture residenziali non specializzate per le vittime di violenza – Anno 2022” (disponibile a questo link), e Simona Lancioni, del Centro Informare un’h, ha proposto un’analisi che ha evidenziato la mancanza di dati disaggregati sulle donne disabili (se ne legga a questo link). Qualche giorno fa è stato pubblicato anche un altro report, quello sull’attività annuale svolta nel 2023 da D.i.Re. – Donne in Rete contro la violenza, una delle reti nazionali antiviolenza che gestiscono Centri antiviolenza e Case rifugio (esso è disponibile a questo link) , ma anche in questo caso mancano i riferimenti alle donne disabili, con l’unica eccezione di un accenno all’accessibilità dei Centri antiviolenza gestiti dalla Rete  (si afferma che circa l’84% di essi sarebbe accessibile a donne con disabilità motoria), senza tuttavia spiegare come sono state fatte le rilevazioni, né se chi le ha effettuate avesse le competenze per farle (se ne legga a questo link).
Mettere in luce come l’assenza di dati disaggregati per la disabilità si traduca in maniera quasi diretta nella mancanza di presa in carico da parte dei Centri antiviolenza e delle Case rifugio, è molto complesso, soprattutto se si considera la poliedrica origine di tale fenomeno. Certamente vi concorrono una matrice culturale che sostanzialmente nega il corpo femminile e disabile[2], l’incapacità del Sistema di accoglienza e protezione delle vittime di violenza di prestare attenzione a “corpi crip”, e, in ultima analisi, una certa resistenza cogliere/accogliere la complessità di chi è simultaneamente donna disabile e vittima di violenza.
Proverò a fare un’analisi cercando di rispondere alle seguenti domande: perché non ci sono i dati disaggregati sulle donne disabili? Dove finiscono le donne disabili vittime di violenza? Quali percorsi possiamo intravedere per superare questa discriminazione?

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