La cecità civile, assieme al sordomutismo e all’invalidità civile rientra fra le minorazioni civili e cioè quelle condizioni invalidanti non derivanti da cause di guerra, di servizio o di lavoro.
La cecità civile viene definita in modo descrittivo, ma comunque codificato: cieco assoluto e cieco con residuo visivo non superiore ad un ventesimo in entrambi gli occhi.
Sono considerati ciechi civili assoluti, le persone completamente prive della vista, oppure con mera percezione della luce o del movimento della mano (motu manu).
Sono considerati ciechi parziali, le persone con un residuo visivo non superiore al totale di un ventesimo in entrambi gli occhi, o nell’occhio migliore, anche con eventuale correzione.
Le minorazioni visive di minore entità possono invece rientrare fra le invalidità civili e quindi percentualizzate.
Il Decreto ministeriale 5 febbraio 1992 definisce le modalità per la valutazione dell’invalidità civile, della cecità civile e del sordomutismo, e indica le relative percentuali di riferimento.
L’accertamento delle minorazioni civili è effettuato dalle specifiche Commissioni operanti presso ogni Azienda Usl.
L’accertamento delle minorazioni civili viene effettuato con criteri diversi da quelli adottati per la valutazione dello stato di handicap ai sensi della Legge 5 febbraio 1992, n. 104) e produce un verbale di certificazione diverso.
La Legge 3 aprile 2001, n. 138 ha indicato una nuova classificazione delle disabilità visive che considera sia il residuo visivo che il residuo perimetrico binoculare. Ne risulta una nuova distinzione: ciechi totali, parziali, ipovedenti gravi, medio-gravi e lievi. Oltre all’acutezza visiva, la nuova disposizione tiene in considerazione anche il campo visivo.
La nuova classificazione è di natura tecnico-scientifica e non modifica la vigente normativa in materia di prestazioni economiche e sociali in campo assistenziale.